A cura di Michele Pellegrino (U.O.C. Dermatologia Ospedale Misericordia, GROSSETO)
I tumori cutanei sono un gruppo di neoplasie ad eziologia multifattoriale, con un’incidenza in continuo e significativo aumento. Le forme epiteliali, in particolare il carcinoma basocellulare ed il carcinoma squamocellulare, rappresentano in assoluto le neoplasie più frequenti nella razza caucasica e sono al 1° posto in termini di frequenza fra i maschi ed al 2° posto, dopo il tumore della mammella, nelle donne. In Italia si stima che ogni anno vengano diagnosticati circa 19.000 nuovi casi di carcinoma cutaneo a cellule squamose e circa 64.000 nuovi casi di carcinoma basocellulare.Il melanoma, invece, il più pericoloso tra i tumori cutanei, colpisce fasce sempre più giovani della popolazione. Nel 2019, secondo le ultime stime AIOM, le nuove diagnosi di melanoma sono state 6.700 tra gli uomini e 5.700 tra le donne. Una patologia che nei maschi giovani si colloca, al secondo posto tra le neoplasie più frequenti, dopo il testicolo, e al terzo posto nelle donne giovani, dopo la mammella e la tiroide. Fino a pochi anni fa il melanoma era considerato una neoplasia rara, addirittura rarissima tra gli adolescenti, mentre negli ultimi 20 anni l’incidenza è aumentata di oltre il 4% all’anno negli adolescenti di entrambi i sessi.
Nella patogenesi dei tumori cutanei diversi elementi possono giocare un ruolo importante, anche se il principale fattore di rischio per la carcinogenesi cutanea è l’esposizione ai raggi Ultravioletti, inseriti dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), nel gruppo 1 dei cancerogeni. L’effetto dannoso è legato al fatto che a livello molecolare, le radiazioni UV(vedi Quadro 1)possono indurre dei danni a livello genomico, agendo direttamente sul DNA e sulle proteine ed indirettamente tramite la produzione di radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno, responsabili quest’ultimi anche del fotoinvecchiamento.
Quadro 1
La radiazione ultravioletta è una propagazione ottica che appartiene al sottoinsieme delle radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti suddivisa in base alla lunghezza d’onda in tre bande contigue:
- UV.C (lunghezza d’onda compresa tra 100 e 280 nm, con capacità germicida)
- UV.B (lunghezza d’onda compresa tra 280 e 320, con capacità eritemigena)
- UV.A (lunghezza d’onda compresa tra 320e 400 nm, con capacità pigmentogena)
I raggi UV che dal sole arrivano sulla terra sono costituiti per il 98 % da radiazioni UVA, per il 2 % da radiazioni UVB, mentre le radiazioni UVC non giungono sulla superficie terrestre in quanto completamente assorbiti dall’ossigeno e dall’ozono presente nella stratosfera e nella troposfera
Stare all’aria aperta ed esporsi al sole presenta numerosi effetti benefici sulla salute come ad es. la stimolazione del sistema immunitario, della produzione della vitamina D o della serotonina, ma può essere responsabile di diverse patologie che possono creare danni a livello oculare oltre che a livello cutaneo. A tal proposito ci sono evidenze epidemiologiche e biologiche che fanno ipotizzare che l’esposizione UV intermittente, dall’inizio della vita, sia associato al carcinoma a cellule basali. Il carcinoma a cellule squamose sembra invece fortemente legato all’esposizione cumulativa UV. Infine la sovraesposizione UV intermittente, soprattutto in chi vive in latitudini più basse, sembra essere fattore di rischio per il melanoma. Nonostante ciò la cute di per sé è in grado di mettere in moto diversi sistemi fotoprotettivi (vedi quadro 2) che, interagendo tra loro, contribuiscono, entro certi limiti, ad evitare i danni derivanti dalla fotoesposizione, anche se la maggior parte di essi diviene insufficiente se l’esposizione è intensa e/o prolungata.
Quadro 2
Capacità fotoprotettiva naturale della cute:
- film idrolipidico di superficie
- spessore dello strato corneo (in grado di riflettere gli UV)
- antiossidanti endogeni enzimatici e non enzimatici
- sistemi riducenti
- scavenger dei radical liberi
- acido urocanico, presente nel sudore (in grado di assorbire i raggi UV)
- pigmentazione tardiva (abbronzatura)
La difesa per eccellenza si deve ai melanociti, cellule capaci di sintetizzare la melanina che concorre alla protezione della cute dai danni derivanti dalle radiazioni solari grazie a processi di assorbimento dell’energia contenuta nelle radiazioni, alla riflessione delle radiazioni, all’ attenuazione della loro energia e alla neutralizzazione dei radicali liberi e dei perossidi derivanti dall’irraggiamento.
In base alla qualità e alla quantità di melanina presente in condizioni basali nella pelle, alle caratteristiche fenotipiche, alle reazioni della pelle dopo foto-esposizione, al tipo di abbronzatura la popolazione mondiale viene suddivisa in sei “fototipi”.I fototipi più bassi (I e II) si scottano rapidamente, si abbronzano poco e lentamente. Sono condizioni tipiche delle popolazioni che vivono in zone ove l’irraggiamento solare è ridotto. I fototipi più alti (V e VI) si scottano solo dopo lunghe esposizioni al sole (o addirittura mai nel caso di fototipo 6) e sono dotati di una melanina che conferisce alla cute una pigmentazione praticamente permanente.
Conoscere il proprio fototipo è fondamentale in quanto punto di partenza per preservare la salute della propria pelle e per adottare comportamenti corretti durante l’esposizione alla radiazione ultravioletta della luce solare.
Negli ultimi decenni le modificate abitudini di vita hanno portato ad un importante incremento del carico totale di UV, tanto che il cosiddetto “capitale sole”, ossia la dose massima di raggi UV che una persona può tollerare nel corso della propria vita senza conseguenze nocive per la propria salute, viene solitamente consumato per un 50-80% entro i primi 20 anni di vita.
Nello specifico i bambini sono particolarmente esposti agli effetti nocivi del sole in quanto oltre a presentare una cute più fotosensibile (vedi quadro 3), quando le condizioni atmosferiche lo consentono, trascorrono gran parte della loro giornata all’aperto. Un’indagine condotta nel sud della Francia ha dimostrato che il 50% dei bambini di età compresa tra tre e dodici anni trascorre più di 6 ore al giorno all’aperto e che il 90% di essi ha presentato uno o più “scottature”solari. Uno studio di coorte multicentrico in Europa ha dimostrato che il 40% dei bambini vengono esposti al sole durante il loro primo anno di vita, che il 50% dei bambini tra 1 e 6 anni di età sono protetti con prodotti solari, ma che solo il 19% di essi indossa indumenti con capacità fotoprotettive.
Quadro 3
Differenze cute neonato vs adulto:
- Rapporto estensione superficie cutanea e massa corporea maggiore
- Minore concentrazione di melanina e melanociti immaturi
- Sistema immunitario cutaneo immaturo
- Strato corneo più sottile, piccole lamelle cornee con solchi pochi profondi (i raggi UV penetrano più in profondità)
- Spessore epidermico inferiore (circa la metà)
- Maggiore assorbimento cutaneo
- Maggiore perdita d’acqua transepidermica (TEWL)
- Maggiore presenza di cellule staminali pluripotenti nello strato basale dell’epidermide con maggiore suscettibilità di mutagenesi UV indotta
- Cute più esposta alle ustioni solari (a parità di esposizione solare la cute di un bambino assorbe circa il triplo delle radiazioni UV di un adulto)
Tenendo conto che la qualità dell’irraggiamento non è costante ma subisce l’influenza di diversi fattori quali latitudine, ora del giorno, stagione, altitudine, nuvolosità e riflessione delle superfici, per un’adeguata oncoprevenzione sarà necessario una triade di elementi:
-corretta fotoesposizione
-costante utilizzo di presidi topici contenenti filtri solari
– uso di indumenti fotoprotettivi.
Particolare attenzione deve essere riservata ai bambini. Sarebbe opportuno che i genitori NON esponessero i bambini al sole nei primi 6 mesi. Sconsigliata anche l’esposizione indiretta soprattutto quando il riverbero solare è elevato. Poiché ragionevolmente non esiste un metodo “scientifico” per stare al sole, né tantomeno un metodo valido per tutti, ci si dovrà affidare all’esperienza, al buon senso, e alla conoscenza.
E’ consigliabile:
– Limitare l’esposizione nelle prime giornate di vacanza;
– Evitare l’esposizione nelle ore centrali della giornata (11-16);
– Fare attenzione alle superfici riflettenti (neve, acqua,ecc.);
– Identificare il proprio fototipo per adottare misure protettive adeguate;
– Utilizzare fotoprotettori in dosi adeguate con capacità filtrante non solo nei confronti delle radiazioni UVB (SPF) ma anche delle radiazioni UVA. E’consigliabile utilizzare prodotti ecocompatibili, fotostabili, resistenti alla dilavabilità;
– Applicare il prodotto dopo il bagno anche se questo è resistente all’acqua;
– Applicare i prodotti solari in quantità adeguata e frequentemente (sudorazione e movimento favoriscono l’allontanamento del prodotto solare);
– Utilizzare attrezzature schermanti il sole (ombrelloni, teli, ecc.)
– Indossare indumenti (camicie, magliette, pantaloni, cappellini, occhiali da sole). Tutti i tessuti offrono una protezione dai raggi UV, piccola o grande che sia, anche se per essere considerato anti-UV un capo di abbigliamento deve riportare in etichetta il simbolo di un sole giallo con ombreggiatura, il numero della norma (EN 13758-2) ed il numero del fattore protettivo (UPF) che dovrà essere 40+ o superiore.
– Utilizzare prodotti dopo-sole
La fotoprotezione nei bambini è un importante problema di salute pubblica. I suoi obiettivi sono ridurre il rischio di tumori della pelle, soprattutto melanoma, negli adulti e di conservare il cosiddetto “capitale sole”. Dal 1988, le autorità pubbliche australiane guidate dal Cancer Council Victoria hanno concentrato i loro sforzi sullo sviluppo della protezione solare attraverso campagne televisive, slogan (Slip! Slop! Slap! Seek! Slide!), applicazioni mobili (SunSmartapp, seeUV ) e messaggi radio. Questi ripetuti sforzi di sensibilizzare l’opinione pubblica ha promosso un cambiamento di comportamento verso il sole tanto che il tasso di incidenza in continua crescita dal 2013 si è sufficientemente stabilizzato. In Europa e in Italia sarebbe opportuno adottare e stressare le stesse misure preventive messe in campo dalle autorità sanitarie australiane. I metodi di fotoprotezione sono semplici e dovrebbero essere spiegati ai bambini e ai genitori da tutto il personale sanitario e della formazione scolastica. Il dermatologo, il pediatra e gli insegnanti delle scuole primarie al riguardo occupano un ruolo essenziale nel trasferire il messaggio della prevenzione.